A conclusione di una complessa indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di La Spezia, i carabinieri della Compagnia di Carrara hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari firmata dal GIP del Tribunale di La Spezia nei confronti di tre persone (2 in regime di arresti domiciliari ed uno sottoposto all’obbligo di firma), gravemente indiziati, a vario titolo, del reato di spaccio di sostanze stupefacenti in concorso. Gli indagati, negli ultimi mesi avrebbero introdotto varie dosi di droga nel carcere spezzino, dove uno di loro si trova in custodia cautelare. Quest’ultimo, dovrà rispondere anche del possesso di un telefonino utilizzato abusivamente dentro l’istituto penitenziario per comunicare con l’esterno.
L’attività investigativa, è stata avviata a gennaio di quest’anno, dopo il ritrovamento di alcune dosi di hashish e cocaina dentro un pacco spedito da Carrara e indirizzato ad un 30enne originario del Marocco che si trova in carcere a La Spezia dall’anno scorso, poiché indagato per omicidio. Le dosi di droga si trovavano dentro alcuni flaconi di creme e lozioni per il corpo, opportunamente confezionate per fare in modo che gli addetti al “filtraggio” della polizia penitenziaria non le trovassero. Quell’ingegnoso sistema però non aveva funzionato, perché i carabinieri del Nucleo Operativo di Carrara nel frattempo avevano puntato i riflettori sulla fidanzata del detenuto, una ragazza italiana di 32 anni fortemente sospettata di essere entrata nel “giro” degli stupefacenti, quindi avevano avvisato il carcere di controllare per bene la corrispondenza fra i due.
Sospettando che quelle consegne andassero avanti da molto tempo e che si fosse innescato un meccanismo ben oliato per far arrivare la droga all’uomo dietro le sbarre, è stata avviata una meticolosa indagine affidata ai carabinieri della Compagnia di Carrara, che hanno raccolto numerosissimi elementi attraverso attività tecniche, analisi di filmati e pedinamenti. Alla fine, i militari dell’Arma hanno ricostruito il metodo utilizzato dagli indagati per introdurre nell’istituto di penale le dosi di droga che venivano ordinate dal 30enne detenuto utilizzando un telefono abusivo, di cui l’uomo si è servito per mantenere frequenti contatti con la fidanzata, comprese alcune videochiamate dalla cella. Oltre alle dosi di cocaina e hashish, venivano chieste anche delle pasticche di ossicodone, un farmaco vendibile solo con ricetta medica che è presente sul mercato dello spaccio perché può trasformarsi in uno stupefacente con effetti superiori a quelli dell’eroina.
Gli approfondimenti investigativi che sono proseguiti ininterrottamente per diversi mesi, hanno consentito di ipotizzare l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza non solo a carico della fidanzata del detenuto, ma anche nei confronti di un pusher 29enne originario del Marocco, con precedenti specifici per spaccio di stupefacenti. Quest’ultimo, è accusato di aver procurato le dosi di droga alla ragazza del suo connazionale in carcere, che seguendo le istruzioni impartite per telefono dal suo fidanzato, aveva il compito di organizzare la spedizione delle sostanze illecite accuratamente nascoste nei pacchi contenenti effetti personali e generi alimentari destinati ai detenuti. In alternativa, come documentato dalle indagini dei militari dell’Arma, la ragazza portava la droga direttamente in carcere, nascosta sotto la mascherina chirurgica oppure sotto gli indumenti, per poi consegnarla al fidanzato durante i colloqui con lui, adoperando vari espedienti per eludere la sorveglianza.
In concomitanza con l’esecuzione delle misure cautelari, i carabinieri di Carrara e i poliziotti penitenziari di La Spezia hanno effettuato delle perquisizioni che hanno portato al ritrovamento di vari telefonini ritenuti utili per l’acquisizione di ulteriori elementi d’indagine. La 32enne, dopo la notifica del provvedimento, è stata sottoposta agli arresti domiciliari. Analogo provvedimento è stato notificato al 30enne già detenuto in carcere, mentre il suo connazionale 29enne è stato sottoposto all’obbligo di firma.
È doveroso precisare che il procedimento versa nella fase delle indagini preliminari e che i soggetti destinatari dei provvedimenti cautelari devono considerarsi non colpevoli sino alla condanna definitiva.